martedì 11 gennaio 2011

AFGHANISTAN, HAMIDULLA’ E I SUOI SOGNI DI BAMBINO…


Bala Baluk – 27.12.2010


La notte è fredda in tenda a Bala Baluk. Il riscaldatore è in blocco e non chiamiamo nessuno per farlo riparare, tanto ci sono i sacchi a pelo. Ma fuori è quasi il gelo e neanche questi ci tengono al caldo. Non vediamo l’ora che arrivi il giorno. Sveglia mattutina, fissata per le ore 8.00. Buongiorno ad Italo, maresciallo del reggimento Lagunari “Serenissima” che ci accompagna da Farah, e colazione tutti insieme con thè e biscotti. Il caffè non c’è. I rifornimenti sono pochi e bisogna accontentarsi, per fortuna che c’è quello di Giovanni, un sergente maggiore che spontaneamente su ordine del comandante si è offerto di prepararci il caffè. Davvero, ottimo. Il più buono degli ultimi dieci anni, afferma Daniel. Con il comandante facciamo il giro della base. In torretta, troviamo Daniele, Primo Caporal Maggiore, che davanti ad una mitragliatrice Browning fa la guardia all’ “Russian Hotel”, ex albergo russo, oggi avamposto di mine e bombe. “Stiamo attendi a difendere la nostra base”, ci dice. Lo stesso lavoro lo fa Natascia Masciovecchio, 25 anni di Pescara. “Anche io mi occupo della sicurezza esterna della F.O.B. – afferma con fierezza- qualcuno ci parla di paura, ma chi fa questo lavoro, proprio perché preparato e professionale non ne ha. Qualche timore, si”. La mattinata è bruscamente interrotta dalla visita di Amir e di suo figlio Hamidullà. Una storia toccante. Hamidullà è un bambino di cinque anni, forse. Perché qui in Afghanistan, l’anno si riesce più o meno a recuperarlo, il giorno e il mese di nascita è a dir poco impossibile. Così accade per Amir, che non si sa neanche se è il padre di Amidullà e di Abdullà, un presunto zio. Insomma, nessun documento, anagrafe zero e l’ultimo censimento risale alla fine degli anni ’70 e fu fatto dai russi. Ma torniamo ad Hamidullà. È arrivato in infermeria qualche mese fa con un piede ferito. Aveva una pietra conficcata nella pianta destra. La ferita ha fatto infezione e se non fosse stato per l’intervento dei medici militari italiani, ora non ne staremmo a parlare. Ogni tanto Hamidullà viene con il padre a farsi medicare la ferita che pian piano guarirà. Resta un altro problema, quello della schiena, dove è stata riscontrata una massa tumorale. Non si sa di che entità. Occorre un intervento medico in Italia, e il reggimento dei Lagunari “Serenissima” sta facendo il tutto per agevolare le lunghe pratiche burocratiche italiane ed europee. Oggi, con la consegna dei documenti, è stato raggiunto un primo obiettivo. Nei prossimi mesi, l’arrivo in Italia, in un ospedale di Verona. Saremo lì a fare il tifo per lui. A fare il tifo per la vita, in Afghanistan.

Mirko Polisano

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