mercoledì 19 marzo 2014

AFGHANISTAN, LE SPERANZE AFFIDATE ALLE PREGHIERE NELLA CAPPELLA DI HERAT

Sogni, speranze e preghiere per il presente e per il futuro. La piccola cappella di Camp Arena in Afghanistan è una mano tesa verso il cielo, dove i soldati italiani lasciano ricordi, pensieri e anche preoccupazioni. Nel dicembre scorso, il parroco Don Marco ha sistemato all’ingresso della piccola chiesetta un libro che raccoglie le sensazioni e le emozioni che appartengono agli uomini prima che ai militari. Non c’è differenza di ordine e grado, davanti al Signore tutti sono uguali. C’è Massimo che scrive al figlio Silvio per il suo primo compleanno, oppure Ale che ogni giorno lascia una dedica al suo papà che non c’è più. Qualcuno
tutte le mattine inizia con un messaggio di fratellanza: “Buongiorno Famiglia!” e non manca chi alla famiglia in Italia ci pensa sempre. Stefano, invece, prega per tutti i bambini del mondo che “non c’entrano nulla con queste atrocità”, mentre qualcun altro si augura che non attacchino la Siria e che si possa tornare tutti a casa “sani e salvi”. È la casa, il leit motiv ricorrente. Qui ad Herat un po’ tutti sognano di riabbracciare i propri figli, le proprie mogli e i propri genitori. Cosimo è contento: “dopo 180 giorni, lascio questo posto!”; Roberto ringrazia: “per avermi sorretto in questi lunghi mesi”. Qualcuno esclama semplicemente: “E’ finita!” e in queste due parole c’è tutta la gioia di chi sa di avercela fatta. Come un altro soldato: “domani finalmente si torna!”, oppure chi ringrazia il Signore per averlo “sostenuto in questi lunghi mesi”. Anche un caporale esprime la sua felicità: “è l’ultima sera in Afghanistan. Grazie per essere stato al mio fianco”. Lino chiede di “renderci uomini” e qualcun altro gli fa l’eco: “che possano esistere degli uomini meno finti”. C’è chi prega per la propria isola e il pensiero corre alla Sardegna e alle genti colpite dall’alluvione dello scorso novembre. Don Marco risponde anche lui ai pensieri dei soldati e porta il suo conforto. Le pagine vanno via, una dietro l’altra e parlano di pace, fiducia e desideri per il nuovo anno. Ma in questa terra in cui il futuro è ancora visto come punto interrogativo non si può che essere proiettati anche nel presente. Qui dove, come ha scritto l’ultimo militare in fondo al diario, “un altro giorno” è davvero...“un altro regalo”.