sabato 26 ottobre 2013

LIBANO DEL SUD, BAHEBAK YA LUBNAN!

L’ultima immagine resta quella dello skyline notturno di Beirut. La capitale del Medio Oriente appare con il suo luccichio di led e colori. Ha un fascino che ammalia con le sue strade e i suoi vicoli racchiusi tra moschee e centri commerciali. È un’altra vita quella di questa città: qui tocchi con mano il lusso, i vizi e la ricchezza. Beirut ti confonde e allo stesso tempo ti appare nelle sue mille contraddizioni. Il crocevia tra est e ovest, il cuore pulsante dell’islam e la roccaforte maronita della cristianità, il suk di mestieri autentici e il negozio degli Ipad che in Europa ancora non si vedono. I locali della musica assordante e gli alberghi a “cinque stelle plus”. La vita che sfreccia e le autobombe che esplodono. È il paese dove sono stati pensati i dirottamenti aerei e dove è nato un certo tipo di terrorismo che ancora fa paura all’occidente. Il viaggio è scandito dalle tappe e dai momenti. Siamo nella “terra del latte e del miele”, così come è descritta nella Bibbia. Il benvenuto te lo dà l’hostess nel suo annuncio: “spero che la crociera sia stata di vostro gradimento. La compagnia vi augura un sereno soggiorno”. <<Mica andiamo a farci la vacanza!>>, risponde un capitano, seduto dietro di noi.  All’aeroporto, occorre mettere il visto sul passaporto. L’addetto alla sicurezza vuole sapere la mia destinazione. Poi, legge i documenti e quasi non ha dubbi. “Giornalista? Devi entrare in Siria”. Non è così. Scruta l’attrezzatura e ci lascia andare. È difficile lavorare qui. Nel nome della sicurezza si nascondono le vere criticità del sud del paese. Sidone è l’enclave sunnita e la sacca della resistenza di Hezbollah e Hamal, mentre il confine è sempre presidiato e per noi è  anche blindato: divieto assoluto per foto e riprese. Per molti qui, Israele è ancora “lo stato che non c’è”. La politica e la religione hanno percorsi che si intrecciano. Su una collina, c’è la tomba dello sceicco Abbad. Venerato e amato da musulmani. In quella stessa tomba, per gli ebrei c’è il rabbino Ashi. Il sarcofago è perfettamente diviso a metà e sullo stesso marmo si trovano a pregare libanesi, palestinesi e israeliani. Neanche i reticolati fanno più la differenza. È un ritrovarsi insieme sotto il segno di una tradizione abramitica che lega islam, ebraismo e cristianità. L’ultima controffensiva di Israele è dello scorso agosto con i missili lanciati nell’area di responsabilità dell’Onu. Il dialogo non decolla, ma l’economia è più forte della guerra. Le distese dei bananeti non rendono soldi al Libano: i frutti, seppur buoni, non rispondono agli standard europei e dunque non possono essere esportati. Troppo piccoli. In compenso, ci sono le arance che, chissà per quale giro, arrivano proprio da Israele. Il Libano è un paese che ti sorprende. Qui l’aspettativa di vita è superiore di quattro volte quella del vecchio continente. Anche uno scettico come me si è dovuto arrendere alla matematica dei dati che ci sono stati forniti. La politica sta attraversando la sua fase di responsabilità. Il primo ministro Najib Mikati ha rassegnato le dimissioni, ma il parlamento ha deciso di indire le elezioni per il 2014, a novembre. È stata una scelta bipartisan da parte di tutti i partiti per consentire un sistema elettorale migliore. Noi, in Italia ancora non ci siamo riusciti.
 La terra brulla, i cedri e le vallate a strapiombo sul mare stanno per diventare l’ennesimo ricordo. Sulla nave del ritorno, una soldatessa ammira il golfo di Tyro: <<Per un attimo, mi è sembrato di vedere il mio Vesuvio>>.

È vero. Già la respiriamo: è l’aria di casa. Siamo tornati.    

Mirko Polisano

Beirut di Notte

giovedì 17 ottobre 2013

DI NUOVO IN VIAGGIO...BUONA FORTUNA!

Tra poche ore, il decollo dell’aereo. Scrivo in quelli che sono gli ultimi minuti che mi separano da questa nuova partenza. È difficile fermare un’emozione. Ogni volta, la stessa. Come se fosse un profumo, uno di quelli che incroci per strada e ti ricorda una persona cara, un momento, un istante. La radio passa un pezzo di De Gregori che dice che la valigia è già fatta e “siamo pronti a qualsiasi cosa”. Basta una canzone per farti capire come, in certi momenti della vita, siamo concentrati a dare attenzione ai particolari, alle coincidenze. Crediamo possano essere eventi fortuiti e accidentali e ognuno trova le sue spiegazioni. Un segno, un caso, il destino. Te ne accorgi solo quando tutto è in gioco. O quando ti giochi tutto. Le abitudini diventano quasi scaramanzia: la stessa persona che ti accompagna in aeroporto, la camicia blu di ogni partenza, il messaggio dal terminal in quegli attimi che sembrano solo tuoi. Scene da amarcord come quelle di uno sportivo prima di una gara, quelle di un tifoso davanti al teleschermo o allo stadio prima della partita della Roma o del Napoli, quelle di uno studente prima di ogni interrogazione e di ogni esame. Poi, quando si rompe l’equilibrio immagini che tutto possa precipitare. E, invece, capisci che il destino è altro e le circostanze fanno parte di tutto questo. Allora, intraprendi questo nuovo viaggio con una percezione diversa: magari con più leggerezza nell’andare, ma sempre con il peso della responsabilità e la consapevolezza di quanto sia importante raccontare. Storie di altre “Terre Sante”, dove la storia e la fede si sono incontrate più volte. Fenici, romani, ottomani, fino ai giorni nostri. In questo mondo contemporaneo dove la lotta per il futuro passa anche dal Vicino Oriente. Sembra tutto così distante, come il sogno di uno spiraglio di luce per questo nostro mondo in crisi. Come la speranza della pace per questi popoli. Anche la pace è lontana, ma non per questo impossibile. Proprio come accade nel racconto di Gibran, dove il soldato, volgendo lo sguardo verso oriente, disse alla sua amata: <<Guarda, il sole sta sorgendo dalle tenebre>>.

Chiudi il libro e quasi ti ritorna la fiducia. È arrivato il momento di andare. È adesso che inciampo nel calendario. L’ultima superstizione della giornata.


Speriamo che questo 17 ci porti fortuna, almeno! 

Mirko Polisano