sabato 25 ottobre 2014

AFGHANISTAN, A KABUL I CARABINIERI DEL TUSCANIA SALVANO E ADOTTANO “ITALO”. E’ UN GATTO LA MASCOTTE DELL’AMBASCIATA ITALIANA

Esistono storie che hanno la forza di un’emozione. Può essere trasmessa dalle persone o dai luoghi. In questo caso dagli animali e dalla buona volontà degli uomini. Accade come in una favola di Sepulveda, dove un gatto insegna ad una gabbianella come si vola. Questa che vi raccontiamo, invece, è pura realtà che arriva da una terra difficile, ma non arida di sentimenti. Kabul è la capitale dell’Afghanistan ricordata più per le autobombe e gli attacchi terroristici. Più per l’11 settembre e per Osama Bin Laden. Più per i libri, gli aquiloni negati e i kamikaze. Eppure a Kabul c’è un cuore tutto italiano che dimostra ogni giorno quanto il bene si fa anche nelle piccole cose. Già siamo stati abituati alla vicenda di Bruno, il cane di Bala Murghab scampato a missili e razzi che aveva trovato rifugio nella base del nord, quella tra le più pericolose. I militari  lo hanno ospitato come se fosse un essere umano qualsiasi, gli hanno dato cibo e si sono presi cura di lui portandolo anche in Italia, alla fine della loro missione, pochi mesi fa. Italo, invece, è un gatto che non sapeva di chiamarsi così. Forse non aveva neppure un nome. Era un vagabondo che si aggirava per Great Massoud Road, nei pressi dell’ambasciata italiana a Kabul, quella sorvegliata dai paracadutisti del Tuscania. Tanto muscoli quanto cervello. Tra i primi della classe nello schieramento delle nostre forze armate, da essere stimati e presi in considerazione perfino da Obama e dagli Usa. Eppure un piccolo ammasso di peli è riuscito a fare breccia dentro quei quasi due metri di scorza dura, fatta di lanci e operazioni sul terreno. I carabinieri non hanno resistito a questo randagio più sporco che bianco che tra le strade di Kabul sfidava i colpi di mortaio. L’hanno tratto in salvo dai proiettili e dal tritolo, portandolo in ambasciata. Gioca fuori dalla sua cuccia tricolore costruita da loro. Lo hanno battezzato Italo, pezzo di questa Italia che ha sempre il suo modo di distinguersi. Una sorta di “made in Italy” che continua a essere una garanzia. Italo è diventato la mascotte di Kabul: i militari si preoccupano della sua salute, del suo pranzo e del latte che non deve mai mancare. È una storia semplice di uomini qualunque. La guerra è fatta, purtroppo, anche di tanto altro. Di crudeltà e paura. Oggi, abbiamo voluto raccontare una storia diversa. Bella e tutta italiana.   

Mirko Polisano

ITALO, IL GATTO DI KABUL 

ITALO, IL GATTO DI KABUL 

venerdì 24 ottobre 2014

AMERICA LATINA, PARTONO DA BERGAMO LE LINEE GUIDA PER LE POLITICHE DEI SENZA FISSA DIMORA

Fino al 25 ottobre presso il Centro Congressi “Giovanni XXIII” in viale Papa Giovanni  XXIII, 106 di Bergamo, l’IILA attraverso il Programma EUROsociAL della Commissione Europea e all’interno  del convegno FEANTSA, organizza un incontro/dibattito sul tema delle politiche per i senza dimora. A tal scopo   EUROsociAL ha portato a Bergamo una  delegazione dei rappresentanti dei governi di Brasile, Cile, Costa Rica, Ecuador, Paraguay, Uruguay e alcuni esperti del settore europei e latino‐americani. Quattro giornate in cui autorità e funzionari di 6 Paesi latinoamericani, fisseranno le linee guida per le politiche e i programmi di assistenza ai senza dimora in America Latina, avvalendosi dell’esperienza europea. L’evento si svolge a latere del Convegno annuale di FEANTSA (European Federation of National Organisations  working with the Homeless), che racchiude tutte le Ong Europee che si occupano di homeless. Fondata nel 1989, con lo scopo di prevenire e alleviare la povertà e l'esclusione sociale delle persone senza tetto, l’organizzazione non governativa europea è composta da più di 130 organizzazioni membri (tra gli  altri Spagna, Svizzera, Germania, e Ungheria), che lavorano in circa 30 Paesi europei, tra cui 25 Stati membri dell'UE. FEANTSA offre servizi alle persone senza fissa dimora con alloggio, cure mediche, occupazione       e sostegno sociale. I primi due giorni (22 e 23) prevedono incontri organizzati da EUROsociAL, in cui sono  presentate le esperienze dei singoli paesi coinvolti, organizzate visite ai progetti locali a Bergamo e Milano, e allestiti briefing sui progetti europei incentrati sugli homeless               e  incontri con partner FEANTSA. Il 24 e 25 ottobre si svolge la conferenza annuale di FEANTSA: 12 gruppi di lavoro presentano i progressi raggiunti, si confrontano e ipotizzano il programma        futuro per una politica globale verso gli homeless. L’IILA attraverso il programma EUROSociAL sta fornendo assistenza tecnica ai Governi di Uruguay, Brasile, e  Paraguay   per supportarli a delineare le loro politiche   di assistenza ai “senza tetto” attraverso la conoscenza delle migliori pratiche a livello europeo.  

sabato 18 ottobre 2014

AFGHANISTAN, ABBIAMO VINTO O ABBIAMO PERSO?


L’Afghanistan è come un vecchio amico che ritrovo ogni volta che ne ho bisogno. Anche il suo volto è meno scuro e crudele di quella prima volta. Di quel Natale così difficile e importante per me e per la mia vita. 

Il viaggio è per un reporter il luogo dove trova se stesso e la propria casa. Uno strano richiamo in questa terra dove difficoltà, dolore e miseria si incontrano. A volte penso...ma che posso fare io qui, armato solo della mia passione e della mia penna? E' tutto così in salita che ti senti impotente di fronte a tante cose. Qui dove è più facile morire che vivere. Le prospettive e le dimensioni cambiano di continuo. 

Leggenda narra di un vecchio proverbio di queste parti che racconta di Allah che dopo aver fatto il resto del mondo avanzò del materiale di scarto: lo gettò lì e nacque l’Afghanistan. Aneddoto tra la fantasia e la realtà che mi ha fatto molto riflettere sulle sorti e sul destino che ci accompagnano dalla nascita. Questo è un paese che nessuno riesce a conquistare. È la disdetta dei potenti del mondo. Ci hanno provato gli inglesi, i russi e gli americani. Più o meno tutti sono scappati. È impossibile mettere insieme un popolo che non vuole padroni, dove è la geografia a determinare la storia. Gli Usa e la Nato ancora non vogliono arrendersi e le stanno provando tutte: schemi, tattiche e operazioni sul terreno. La situazione continua a sfuggire a ogni controllo. Le rassicurazioni contano poco. 

Anche la terminologia è indisciplinata alle regole: prima erano talebani. Poi, no è arrivata la rettifica: chiamiamoli “insurgents”, che noi abbiamo approssimativamente tradotto con “ribelli”, e adesso un nuovo cambio. Ora sono i “nemici dell’Afghanistan”. Mi chiedo…ma chi sono questi nemici? La risposta è “tutti coloro che sono contro questo processo di democratizzazione del paese”. Quasi che mi ritrovo ad essere pure io un nemico dell’Afghanistan, allora. Proprio io che l’ho definito un “vecchio amico”. Non lo so. 

Credo ancora che l’unica stabilità esistente sia quella del caos. Qui si parla di democrazia, e dopo tredici anni di intervento dell’occidente, vige immutabile il Codice Pasthun, quello che prevede la vendetta come forma di giustizia. Siamo quasi ai tempi biblici di Lamech, il figlio di Caino, che la invoca fino a 70 volte sette. Qui per la città di Herat devi andare in giro protetto fino ai denti, e delle province di Farah, Bakwa, Bala Mourghab e Shindand non si sente più parlare. Proprio qui, l’Italia ha versato il suo più alto tributo di sangue in termini di vite umane. Non so quanto la politica italiana, europea e quella di Obama abbiamo imboccato la strada giusta in tutto questo. 

So però di tante belle storie e emozioni che l’Afghanistan è in grado di regalarti. Sempre. So di una persona che ha avvicinato il cappellano della piccola chiesa di Herat e gli ha detto: “Padre, io ho girato il mondo e visitato le cattedrali più grandi e imponenti. Ma alla fine è in questi quattro metri quadrati che ho trovato Dio”. 

So di soldati che si commuovono di fronte al sorriso di un bambino che riceve un po’ di cioccolata e credo davvero che un gesto del genere ti riempia la giornata e ti arricchisca l’anima. E forse non meritano nemmeno di essere il parafulmine delle scelte sbagliate di una politica incapace e distratta. 

La data di scadenza, comunque, è inesorabile ed è quella del 31 dicembre quando qui, in un modo o nell’altro, le cose dovranno cambiare. Tutti gli altri paesi hanno le idee ben chiare, l’Italia no e dà a quella data lo stesso valore di quella che si trova su un cartone del latte a lunga conservazione. Tanto c’è tempo. 

A Camp Arena c’è aria di trasloco: ogni giorno ci sono voli che trasportano materiale e mezzi dall’Afghanistan all’Italia. Si sta per tornare a casa. La partita è quasi finita: ma abbiamo vinto o abbiamo perso? 

Non lo so. So solo che questa volta, forse, l’importante non era nemmeno partecipare.


Mirko Polisano

Afghanistan (Camp Arena)- Un areo dell'Aeronautica Militare riporta in Italia equipaggiamenti e munizioni