Da Shahrazad a Bochra Belhaj Hmeda. L’onirica protagonista
dei racconti de “Le Mille e una Notte” e la presidente del movimento femminista
a Tunisi: storie di donne con fascino e intelligenza.
La forte percezione della
sottomissione delle donne musulmane è stato uno degli argomenti a sostegno
delle invasioni in Iraq e in Afghanistan. Sicurezza e libertà erano gli
imperativi primari: ripulire il mondo dalle cellule del terrore e dai loro
fiancheggiatori e diffondere democrazia e libertà. In un discorso radiofonico,
nel novembre del 2001, l’allora first lady Laura Bush disse: “la lotta contro il terrorismo è anche la
lotta a favore dei diritti e della dignità delle donne”. Gli americani, e i
Bush soprattutto, sono da sempre dei maestri nella propaganda, specie se di
guerra. Con questo, lungi da noi pensare che non ci siano problemi legati
all’emancipazione femminile in alcuni paesi di matrice islamica, ma non è mai
opportuno parlare per luoghi comuni e approssimazione. La tematica è delicata,
come se fosse un viaggio importante, alla scoperta di un mondo lontano che va a scardinare gli
stereotipi di un ordine sociale repressivo, e a raccontare altre donne.
Bochra Belhaj Hmida, presidente dell'associazione Donne democratiche tunisine |
Baby Boom. È un film di Hollywood del
1987. La protagonista, una donna in carriera che diventa ragazza-madre,
sottopone a un colloquio diverse baby-sitter, sperando di trovare quella giusta
per sua figlia. Tra queste, una ragazza è coperta da un lungo velo nero, che
dice con un forte accento arabo: “le
insegnerò a rispettare il maschio. Parlerà solo le rivolgono la parola. Non ho
bisogno di un letto, preferisco dormire sul pavimento”. È l’immagine che
arriva anche al mondo occidentale, con la stessa proporzione abbiamo
quella che fa di un italiano all’estero
solo pizza, mandolino e mafia. Se volessimo dare un volto a questa idea
diversa, potrebbe essere quello di Suaad Salih, la cui area di competenza è il
fiqh, il diritto islamico. Salih è una giurista islamica e docente di diritto
all’università di Al-Azhar, tra i più importanti centri di insegnamento
nell’Islam sunnita. È stata la prima preside di facoltà, è scrittrice che
affronta temi che vanno dal diritto di famiglia ai diritti femminili. È tra le
ospiti fisse di Al-Jazeera e predica senza timidezza l’Islam, diffondendo il
suo messaggio, diventato la sua dottrina: “L’Islam
è semplice e tiene le donne in grande considerazione”. Ci sono anche donne
come Salwa Riffat, egiziana di più di sessant’anni laureata in ingegneria
aerospaziale all’università de Il Cairo. È insegnante anche lei: “le donne della mia generazione erano l’avanguardia
di una nuova era in Egitto – ha spiegato più volte – oggi non lo si nota quasi più: le università in Egitto pullulano di
donne che spesso sono più numerose degli uomini e, spesso, più bravi di questi
nelle loro discipline”. Alla facoltà di medicina de Il Cairo, gli studenti
che tengono il discorso di commiato durante la cerimonia di laurea, vale a dire
i più meritevoli, sono quasi sempre donne. Questi casi sono tutt’altro che
unici.
Salona Sigir, Giornalista |
Maledetta Primavera. E’ stata salutata
da tutti come la rivoluzione del cambiamento. Termine improprio rivoluzione, ma
che meglio esplica il vento di novità che avrebbe dovuto soffiare sulle piane
del Maghreb. Con il passare del tempo, il caos e la confusione hanno preso il sopravvento
e ora in Tunisia e in Egitto governano estremisti e partiti che gridano alle
masse. La Marsa è una cittadina balneare alle porte di Tunisi, da qui è partita
un’altra rivoluzione: quella femminista per i diritti delle donne. Bochra
Belhaj Hmida ne è la portavoce. È un avvocato della Corte di Cassazione di
Tunisi e presidente dell’associazione “Donne democratiche tunisine”. Tra le
prime a rivendicare il ruolo delle donne nella politica e a combattere la
prostituzione e l’emarginazione femminile. Sul velo, la sua posizione è fin
troppo aperta: “indossarlo, è una scelta
personale”. La scelta di non
portarlo è stata fatta anche da Salona Sigir, giornalista dei programmi
italiani della radio di stato tunisina. Parla italiano e francese, ascolta la
musica di Morandi, Battisti e Baglioni e cura le notizie del telegiornale.
Parlare con lei è come gettare uno spiraglio di luce sulle donne musulmane. “Siamo cambiati dentro – mi racconta
Salona, mentre mi ospita nel suo programma – sembra respirare un’aria nuova”. Poi, aggiunge: “Io devo essere ottimista. Noi donne abbiamo
lottato e lavorato molto, con molti sacrifici per raggiungere una nostra
indipendenza, per andare a scuola o all’università. Abbiamo combattuto per
avere una nostra libertà e dobbiamo continuare a farlo, perché una battaglia
non è mai vinta. Le donne devono insieme essere solidali: è l’unico modo per
sconfiggere l’estremismo”.
L’Islam che non ti aspetti. Le ho
incontrate sul treno che da Pec arriva a Pristina , sulle note di “Voglio
vederti danzare” di Battiato che parla di melodie e divergenze tra Oriente e
Occidente. Besa e Florentina sono giovani. A 24 anni, hanno sofferto la guerra
dei Balcani. Indossano jeans stretti e tacchi alti. Sono musulmane…ma nessuno lo
direbbe. “Il nostro è un paese
bellissimo”, afferma Florentina che utilizza i social network e ascolta
tanta musica. Lavora in parlamento come interprete, mentre Besa è
insegnante. Dafina, invece, di anni ne
ha 25 e gestisce il Museo delle Tradizioni a Pristina. Mi colpiscono i suoi
orecchini con il segno della pace. “Non
so se ci sarà mai la pace – mi confida – ma credo nella possibile convivenza e nel rispetto delle persone”.
Florentina, Besa e Dafina, sono musulmane e di famiglia islamica. Rappresentano
davvero un nuovo modo di essere e un altro volto di una religione poco
conosciuta da chi non la pratica.
Dafina, lavora al museo delle tradizioni a Pristina (Kosovo) |
L’analisi resta
quella di un argomento che tocca tanti temi: dalla religione, alla sfera intima
e personale. Dai diritti, alle scelte obbligate o condizionate. Il compito di
chi scrive e informa resta quello di non fermarsi alle apparenze e ai luoghi
comuni. E neanche di minimizzare situazioni complesse e gravi. Sono argomenti
che colpiscono, nel nome dei quali sono state movimentate guerre e nutriti
pregiudizi. Sono stati commessi omicidi e condanne capitali. Sakineh in Iran è
diventata l’emblema e il simbolo della difesa delle donne e dei diritti umani.
In questo 8 marzo, il pensiero va a lei, sperando riesca ad essere liberata.
Come nelle “Mille e una Notte”. Magari arriverà anche per lei, Shahrazad e
salverà lei e chissà quante altre donne, grazie al fascino della sua
intelligenza.
“Tu sei la salvatrice di tutte le fanciulle,
che avrebbero dovuto essere sacrificate al mio giusto risentimento”.
Speriamo che le
parole conclusive dell’opera più conosciuta della letteratura araba possano
essere anche il finale di questa che una favola…non è.
Mirko Polisano
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