di Mirko Polisano
E’ la seconda volta che sono ospite di questa grande famiglia. La famiglia dei Lagunari. La prima volta è stata in Afghanistan, poi ieri nella loro caserma a presentare il mio “Storie Lontane…”. Che non sono più “Lontane…” perché sono le loro “Storie…”. L’emozione un po’ ti prende perché l’ultima volta che li hai visti erano in mimetica, a Farah, Bala Baluk o a consegnare le merendine a Keyrabad. Ora, li rivedi seduti in prima fila con le loro mogli e le loro fidanzate a sentire di questo libro che parla molto di loro. E il loro pensiero va a chi non può essere seduto con noi…perché non ce l’ha fatta. Perché dall’Afghanistan non è tornato.
Lo ha ricordato anche il Presidente del Consiglio Comunale di Venezia, Roberto Turetta, emozionato anche lui e contento di aver trascorso con noi questo venerdì pomeriggio. “Non possiamo esserci solo nei giorni del funerale”, ha detto. “Dobbiamo esserci anche in queste occasioni, per esprimere la vicinanza di una città, della città di Venezia”. E le ricordo ancora quelle bandiere con il “Leone” e la scritta “San Marco”, segno di un Reggimento e della sua città. Arrivammo a Farah, in una mattina di freddo e polvere, dove il portellone aperto dell’elicottero ti gela il sorriso. Eccolo Italo, proprio come l’ha descritto ieri sera la sua ragazza parlando con me: “sempre positivo”. Ti prende e ti porta a fare il giro della base…in realtà pochi minuti dopo sei faccia a faccia con il generale Petraeus, comandante della missione Isaf in Afghanistan…e ti viene voglia di chiedergli: “perché siamo qui? Perché non ce ne andiamo?”…ma sai che non potrà risponderti, o forse non vuoi che la risposta sia sempre la stessa: “per difendere il mondo dal terrorismo internazionale”. Almeno allora, Bin Laden era ancora vivo…rappresentava l’unico appiglio vivente nel trovare un motivo a questa guerra. Oggi, però gli interrogativi, tornano prepotenti e le risposte che mancano ti fanno solo rabbia. Ma a questo i “Lagunari” non ci pensano. Pensano al loro lavoro: a quel basco verde portato con l’ “onda”, a quel Mao mostrato con orgoglio sul braccio, a chiamarsi “baffo” tra di loro e a quelle telefonate che il giorno di Natale non riescono a fare alla propria famiglia. Li saluto, prima di lasciare Venezia. Il piacere di aver conosciuto i loro familiari, che attraverso “Storie Lontane…” hanno visto l’Afghanistan e così anche per loro questa terra non è più tanto “Lontana…”. Anche Elisa è sorridente proprio come il suo fidanzato, mi dice: “quando sta in missione è lui a dare coraggio a me…ma come fa?”. E lui è convinto: “ci sono due famiglie una è lei. L’altra è questa divisa che indosso”.
Giro lo sguardo e al tavolo dove il libro è in vendita si avvicina un tenente colonnello. Fissa il libro, china il volto, e ha gli occhi lucidi.
“C’è Hamidullah in copertina…come faccio a non comprarlo?”
Mirko Polisano
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