"W l'Italia dimenticata e da dimenticare...". Così cantava De Gregori, e il popolo delle canzonette è lo stesso che un po' poi ci rappresenta ogni giorno. L'Italia dimenticata. Quella di ieri, di De Pretis, Mazzini, Garibaldi, ma ancora più lontano quella dimenticata di Dante, Petrarca, Boccaccio e ancora di Foscolo, Leopardi, Pascoli, ma anche Leonardo e Michelangelo. Giotto. L'Italia di Pertini, di Pasolini, del neorealismo, di Pirandello, Montale, e Grazia Deledda. L'Italia di De Sica, Mastroianni, Sordi, Fo, Fabrizi, Totò e Eduardo. E di tutti gli altri che hanno fatto la storia nel bene e nel male di questo Paese. Che scriviamo con la maiuscola ma che fino a ieri si gridava Italia, per la maggior parte, nelle canzoni di Reitano e Cutugno. L'Italia di Mussolini e di Piazzale Loreto. L'Italia di Ustica e di Piazza Fontana. L'Italia delle contraddizioni che oggi canta l'inno, ma poi alla fine conosce solo la prima strofa. E magari la canticchia pure la mattina sotto la doccia o mentre si fa la barba, prima di addentrarsi nel traffico di una tangeziale. L'Italia che oggi celebra la Patria, ma che si ricorda di essa solo quando un militare torna avvolto da un tricolore. E lo chiamiamo eroe. Proprio come chi ogni giorno in ambulanza salva vite umane. L'Italia del Vaticano che oggi ci dice che il mondo della Chiesa è stato fondamentale per la storia dell'Unità nazionale. Ma non dice che la chiesa è stata pronta a scomunicare Garibaldi e Cavour e tutti i responsabili della Breccia di Porta Pia, tappa importantissima della storia del Risorgimento. Però è stata "fondamentale". L'Italia che oggi applaude Napolitano, ma che vestita di verde non canta l'inno di Mameli in Parlamento e esce dall'aula in consiglio regionale in Lombardia. L'Italia che a Salsomaggiore, ancora per poco, celebra Miss Italia, e più in là elegge Miss Padania e Miss Camicia Verde. L'Italia che ama la pizza, la pasta e il gelato, ma poi mangia il sushi o gli involtini primavera, anche solo perchè costano poco. L'Italia dei precari, dell'incertezza, delle rate. L'Italia che ha sostituito la parola "cambiale" con Rid, impronunciabile fino a qualche anno fa.Così come era impronunciabile week-end, ma oggi per noi è sacro. Anche solo se lo passiamo sul divano a guardare Domenica In, Costanzo e la D'Urso su Canale Cinque o le sintesi di Grande Fratello o Isola dei Famosi. E poi ci lamentiamo se ci bombardano di tv spazzatura. Ed ecco l'Italia di oggi, in tv tra Sara e Yara, e in politica tra feste e festini. L'Italia che vuole il nucleare, ma che siccome è successo in Giappone...è meglio di no! Proprio come abbiamo fatto con l' 11 settembre: gli arabi per carità! Distinguendo e generalizzando...però come corriamo a Sharm el Sheik o come ci piace il kebab. E oggi che il medio-oriente scende in piazza: no niente Tunisia nè Mar Rosso, ma è meglio scendere in piazza anche noi, con le donne, che non sono seconde a nessuno. Un concetto scontato, ma che purtroppo in Italia va ribadito. Perchè negli ultimi tempi le donne da difendere erano solo quelle che potevano essere nipoti di qualcuno o quelle che la sera provano a ballare sul tavolo di una discoteca. Oggi ci scandalizziamo per questo, ma ieri sbavavamo dietro a Colpo Grosso, alle gambe della Parietti e al seno della Fenech. Però abbiamo straordinarie capacità. La prima, quella della solidarietà di un popolo: insieme a salvare Firenza dall'alluvione o L'Aquila da un terremoto, ma anche un bambino da un pozzo a Vermicino. Insieme, davanti ad un tricolore. Quel tricolore che, si, rapprensenta tutti noi, che si voglia o no, e che dovremmo festeggiare da oggi e per i prossimi 150 anni e non solo quando scendono in campo gli azzurri o quando muore un alpino in Afghanistan.
Ha ragione de Gregori...W l'Italia. Quella che non ha paura. Di dire anche queste cose.
Mirko Polisano
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