"Storie Lontane. Racconti di vita in Afghanistan" (edizioni Dpc) arriva a Tunisi. Presentato all'Ambasciata Italiana.
Boulevard Bourgiba è la via più importante di Tunisi, pattugliata da gruppi speciali della Polizia durante la “Primavera Araba”. In quei giorni, i negozi furono chiusi al pubblico e fu imposto il coprifuoco nella grande capitale. Giriamo con Nabil per quelle stesse strade, che hanno visto scendere in piazza i giovani e chiedere un cambiamento, lo stesso, forse, che vorremmo noi da quest’altra parte del Mediterraneo. Un mare che ha un fascino tutto suo e che ha visto passare su di sé: i Cartaginesi, i Romani e oggi altre navi. Quelle da crociera che ti promettono itinerari turistici e di divertimento; quelle del commercio, dove scambi con i paesi vicini aumentano il traffico di import ed export; quelle della speranza, cariche di persone che ti chiedono aiuto. Come Alì, che è dovuto restare a terra nella sua Tunisi perché i documenti non sono in regola e la legge non può piegarsi a sogni e aspettative. Ma ritorniamo a Nabil. Con lui mangiamo un panino del centro di Tunisi, a poco più di un anno dalla caduta di un regime che negava libertà, sviluppo e progresso e da quella “Rivoluzione” del mondo arabo che ha poi portato a far soffiare un nuovo vento sulle suggestive piane del Maghreb. Ne è convinto anche Nabil, che mi dice per le vie del mercato cittadino: “con Ben Alì bisognava stare zitti, ora possiamo parlare”. Ed effettivamente, davanti ad una telecamera sono in pochi a tirarsi indietro. Siamo ospiti della radio nazionale tunisina per parlare dell’informazione e del giornalismo in Italia. E stavolta, sono io in difficoltà a parlare di libertà di stampa. Ma Salona è una giornalista di esperienza e di grande professionalità. È lei a togliermi dall’imbarazzo e farmi parlare delle mie “Cronache dal Mondo”, fino a che non arriva a chiedermi se io abbia mai avuto paura nel fare questo lavoro. Lo dice lei, che ha superato due regimi, è stata minacciata e ha rischiato la vita. Così ci capiamo al volo e nessuno dei due riesce a dare una spiegazione sul perché si faccia questo lavoro a qualunque costo. Salona, poi, mi parla del futuro: “non posso che essere ottimista. Il popolo tunisino è riuscito a ribellarsi, ed è stato il primo di tutto il mondo arabo”. Ma sul domani, un po’ di preoccupazione c’è: “da donna lo dico, temo il fondamentalismo al potere, che non possa farci fare nessun passo se non indietro”. Per la città, puoi ancora trovare blindati e carri armati. E la concertina che difende ministeri e ambasciate. In quella Italiana, incontriamo il direttore della Cooperazione Internazionale. Anche qui, i progetti sono tanti. I fondi, come sempre, pochi e il dialogo con il nuovo governo ha i suoi tempi. Basta uscire, e ti ritrovi in una manifestazione di operai agricoli che chiedono il pagamento degli stipendi, oppure in una moschea, unico giornalista occidentale, a riprendere un evento storico per l’Islam di Tunisi e non solo. È la vittoria dei salafiti che dopo cinquant’anni riportano l’insegnamento delle scuole coraniche nella moschea di Zitouna, la più importante del paese. Dall’altra parte, ci sono i giovani. Li trovi ovunque per le vie di questa terra, così piena di vita. I giovani che hanno permesso il cambiamento e di cui vanno fieri e orgogliosi. Jerbill si ferma a cantare un rap e in quelle parole, metà intonate e metà recitate, trovi tutto il suo nazionalismo per la sua Tunisia; Kalim, invece, viene dalle città del sud: “il sud è super, la Tunisia è super…”. Poi, c’è Pippo. Si fa chiamare così perché segue il calcio e Inzaghi è il suo mito. Studia da grafico pubblicitario e non ha dubbi: “Il futuro? Non potrà mai essere peggio del passato”. Sono queste le speranze di questa nuova Tunisia. Abbiamo visitato le città che hanno visto e da cui è partito il cambiamento, incontrato le stesse persone, forse. Le stesse che, oggi come ieri, ti dicono che tutto era indispensabile. Ti viene in mente Tomasi di Lampedusa, che nella sua citazione più famosa sostiene che “Se tutto deve rimanere com’è, è necessario che tutto cambi”.
Said si avvicina e mi regala un fiore. E’ un gelsomino. “E’ il fiore della rivoluzione – sussurra – non possiamo farlo appassire così”.
Ha ragione.
Mirko Polisano Ospite della Radio Nazionale Tunisina
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