Riscoprire il senso e lo spirito di una comunità. Forse è questo lo scopo numero uno del Premio Antica Ostia, dedicato a quanti “continuano la storia”. Ricevere un premio ti dà una nuova, ennesima occasione per parlare di questo che io ancora chiamo “mestiere”. Un premio alla persona, per quello che uno è e non soltanto per quello che uno fa. Anche se, in un campo come quello del giornalismo non credo possa esistere questa differenza. Lo diceva Kapuscinski, padre del giornalismo internazionale, che il “cinico non è adatto a questo mestiere”, proprio a sottolineare che non può esserci un buon giornalista e una cattiva persona; un giornalista scorretto e una persona corretta. No, non può essere. Il giornalista entra nelle storie degli altri. Storie anche drammatiche, crudeli, a volte. E quasi diventa parte involontaria del destino degli altri. E così diventa inevitabile avere sensibilità, educazione e un pizzico di coraggio.
Permettetemi di dedicare questo premio ad un insieme di cose e persone: a questo lavoro che mi ha fatto capire quanto di peggio l’uomo riesce a fare e allo stesso tempo quanto di meglio riesce a dare…
Lo dedico alla mia famiglia così numerosa che ogni volta che parto è in attesa di un sms o di una telefonata che non arriva; dedico questo premio alle storie che ti restano dentro. Forti e incredibili. A Habbas, di dieci giorni incontrato in un’infermeria del Libano del sud, a Avnia che in un orfanotrofio in Kosovo mi ha regalato un disegno della sua mano. E’ tra le mie cose più care. Lo dedico ad Hamidullah con la speranza di poterlo incontrare un giorno. Ma non adesso. Tra venti anni: significherebbe che è riuscito a diventare grande. Lo dedico alla Dpc che mi ha permesso di poterle scrivere queste “Storie Lontane”. Lo dedico a quell’autista spericolato che ad Herat ci stava per lasciare in un campo abbandonato. Lo dedico a chi ha fatto si che quella bomba scoppiasse quando eravamo già entrati in base e a quei cinque minuti di ritardo quel giorno dell’attentato. Lo dedico alle donne de L’Aquila, e a quei pomeriggi tra le macerie di una città distrutta dal terremoto. Lo dedico ad Annarita, mamma e donna. Mamma di David che dall’Afghanistan purtroppo non è tornato e donna semplicemente eccezionale che non si arrende alle scelte difficili e tragiche che la vita ci mette di fronte. Dedico questo premio alle stelle dell’Afghanistan. Così belle che ti fanno sentire così piccolo davanti all’immensità di un cielo infinito. Lo dedico ai profughi della Siria e a quel caffè che mi hanno offerto davanti ad una moschea.
Lo dedico a tutte le altre “guerre” di sotto casa, quelle della quotidianità. Ad un pomeriggio in un centro per adolescenti in difficoltà all’Infernetto. A quella casa famiglia, dove la violenza ha negato l’infanzia ai bambini. Così ti accorgi che le Storie Lontane…forse sono quelle di tutti i giorni.
Le parole di un signore accanto a me, sono il regalo più bello della giornata di oggi: “tu mi hai ricordato il giornalismo quando era giornalismo”. Troppo impegnativo per me, sono sincero. Ma mi ha fatto piacere. Troppo impegnativa anche la motivazione: “gli uomini che continuano la storia”. Non so quale potrà essere il futuro, so che a me le “Storie” piace raccontarle…e mi può anche solo bastare aver costruito un presente come quello di oggi…
Dedico questo premio a quel Generale che magari da dietro una collina scruta i suoi “ragazzi”. Potrebbe essere anche quello della famosa canzone…se così fosse lasciamo quella notte crucca ed assassina…prendiamo quel treno che portava al sole e andiamo dritti a casa…
Domani torna un altro dei “nostri”.
Mirko Polisano
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