Di nuovo, Afghanistan. Ritornare in quella terra ti riporta a qualche mese fa. A quello che hai lasciato laggiù tra le montagne…e a quello che vorrai trovare. Come se “quel qualcosa in sospeso” che hai lasciato a gennaio, torna prepotentemente nella tua testa. È il lavoro che ti dice di continuare, ma non solo. È la voglia di voler affermare, attraverso le parole e i racconti, che quel paese ha tante meraviglie, oscurate da sangue e guerra. L’occasione di incontrare quel popolo, con le sue tradizioni e le sue abitudini, ti fa dimenticare le fatiche del viaggio e gli oltre 4.300 chilometri che ti dividono da Herat. Pensieri e ricordi non tanto lontani, che ti parlano di una terra difficile e martoriata. Di monti e valli, avvolte da polvere che sembra nebbia. Di strade da percorrere e di storia da studiare. Di ragazzi che stanno per tornare a casa, di altri che, come me, stanno per partire, di altri ancora che non ce l’hanno fatta. Come quelli rientrati in patria oggi, avvolti da un tricolore, che spesso commuovono l’Italia e puntualmente ci fanno chiedere se sia giusto o no rimanere. Di una cosa siamo sicuri, che davvero l’Italia lì sta facendo il proprio dovere. Un dovere adempiendo al quale, può costare anche vite umane. Così, sei pronto ad andare: non sai quello che troverai, né cosa cerchi. Il bello di ogni viaggio è la scoperta improvvisa, quell’imprevisto piacevole che può trasformarti una giornata qualsiasi in un momento che non dimenticherai per il resto della tua vita. Come quando ho visto il piccolo Abbas, di dieci giorni in un’infermeria del Libano del Sud, come quando Avnia, in una casa famiglia in Kosovo, mi regalò la sua mano disegnata…come tutte le volte che questo mestiere ti offre sorprese ed emozioni. È ora di andare…ma dentro di te, speri di rivederlo. Di rincontrare quegli occhi e quel sorriso…
Ci spero, Hamidullah.
Mirko Polisano
e si te lo auguro di rincontrare il piccolo Hamidullah!
RispondiEliminaBuon Viaggio...